Există episoade, epoci și evenimente istorice despre care știm că le știm. Totodată, există alte episoade, epoci și evenimente despre care știm că nu le știm. Și mai există episoade, epoci și evenimente despre care nu știm că le știm.

Mai exact, nu știm povestea atât cât este sau poate fi cunoscută, precum în cazul Botoșanilor (oraș și județ). Știm chestiuni disparate ce nu sunt aranjate într-un tot care să ofere o perspectivă unitară asupra trecutului. Iar aceste chestiuni disparate sunt cunoscute de o mână de istorici, care nu pun informația în circulație decât în cercuri restrânse (altor istorici sau specialiști), iar publicul larg, fără a fi vreun act premeditat, este lăsat pe dinafară.

Botochan in districtu ejusdem nominis oppidum, post Iassum amplissimum” scria Constantin Vârnav în lucrarea sa de doctorat, Rudimentum Physiographie Moldaviae, susținută în 1836 la Universitatea din Budapesta. Pe înțelesul tuturor, Botoșani, în districtul cu același nume, vine al doilea după Iași. (mai mult…)

La prima tappa della battaglia elettorale per la Repubblica di Moldavia si è conclusa senza una vera decisione. La parte orientale del vecchio principato della Moldavia, che oggi costituisce la Repubblica di Moldavia, è sempre stata una terra contesa fra la Russia (zarista, sovietica e putiniana) ed il richiamo della latinità. Moldavi, valacchi e transilvani fanno parte tutti quanti del mondo romeno per quello che riguarda la lingua, i costumi, la memoria storica e, per certi versi, pure la religione. Invece la parte occidentale del vecchio principato moldavo, insieme alla Valacchia, costituirono il cuore della Romania. La Russia aveva annesso la parte orientale del vecchio principato della Moldavia (che prese poi il nome di “Bessarabia”) nel 1812 e fin da subito provò a cambiare la percezione storica che i sudditi moldavi avrebbero potuto avere di loro stessi. Perciò insisteva a dire che il cosiddetto “moldavo” era una lingua diversa dal romeno, che il popolo moldavo non era per niente imparentato con i valacchi ed i transilvani, addirittura qualcuno si azzardò a “teorizzare” che i moldavi della Moldavia orientale fossero diversi dai moldavi della regione occidentale delvecchio principato, che dal 1859 contribuì a fondare lo Statoromeno.

L’episodio elettorale appena concluso non è altro che la continuazione delle due proposte di civiltà che si contendono il campo, quella romena di stampo (u)europeo e quella russa, avanzata da sempre in terminidi Lebensraum. Ci sono state varie sfumature, ma tutte possono essere contenute in una delle due aspirazioni.

Si deve subito precisare che l’obiettivo principale degli attori coinvolti è stato il referendum per decidere se la Moldavia avrebbe dovuto modificare la costituzione per sancire l’intenzione di aderire all’UnioneEuropea.

I filorussi hannofatto di tutto per bloccare il referendum. Una bocciatura per motivi di quorum, oppure una vittoria del “no”, sarebbe stata la dimostrazione che l’attuale presidente del Paese, che è anche la promotrice dell’integrazione europea, Maia Sandu, non è più la persona giusta per governare la Moldavia e che la proposta del referendum era una fonte di discordia tra i cittadini. Inoltre, ogni iniziativa politica concernente l’integrazione sarebbe stata facilmente denigrata dai filorussi, adducendo come argomentazione che la voce del popolo si era espressa contro.

Il referendum si è deciso al limite (50,38% dei “si”), ma non si può dire che il popolo abbia parlato chiaramente a favore dell’adesione alla UE. I più “europeisti” sono stati i moldavi della diaspora, che giustamente hanno votato in massa a favore dell’Unione Europea.

Per quello che riguarda la competizione presidenziale, Maia Sandu ha vinto il primo turno con il 42,49% delle preferenze. Insieme a lei arriva al secondo turno Alexandr Stoianoglo, ex procuratore generale e candidato filorusso del Partito dei Socialisti, con il 25,95% dei voti. La partita si giocherà nelturno del 3 novembre. La rielezione dell’attuale presidente non è scontata, dato che gli altri tre candidati sono dichiaratamente filorussi (Renato Usatî ha preso il 13,79%, Irina Vlah il 5,48%, Victoria Furtună il 4,45%).

A prescindere dall’ingerenza negli affari interni della Moldavia da parte della Russia tramite vari personaggi con noti punti di riferimento al Cremlino (per esempio la rete dell’oligarca moldavo Ilan Șor, latitante in Russiadopo la condannadellaCorte di Apello di Chișinău a 15 anni di reclusione per aver preso parte ad una frode bancaria da un miliardo di dollari), si devono aggiungere alcune osservazioni. Innanzitutto, i moldavi favorevoli all’integrazione sono molti di più rispetto al voto espresso. Alcuni hannovotato “no” per ammonire la politica dell’attuale governo. Per essi, quindi, il “no” è stato una sorta di punizione nei confronti del presidente Maia Sandu. Altri hanno votato “no” per la paura genuina di infastidire la Russia. Hanno votato anche “no” quelli che in modo insensato credono che la minaccia principale alla sovranità moldava venga dall’Unione Europea. Si deve anche rimproverare all’attuale governo di avere sperperato le risorse per combattere l’opzione sfavorevole all’integrazione invece di concentrarsi sulla strategia per la promozione del “si”. Il risultato è stato quindi una campagna contro i fautori del “no” invece di chiarire perché il “si” sarebbe stato preferibile.

Comunque, la situazione sarà più comprensibile solo dopo il secondo turno delle presidenziali. Se Maia Sandu sarà rieletta, si potrebbe trarre qualche vantaggio per la causa europeista, usando però con più cautela la carta del referendum. Se invece vincerà Alexandr Stoianoglo, allora il referendum sarà ricordato, almeno per qualche decennio, come un momento di contesa tra i moldavi. (Remus Tanasă, 29 octombrie 2024, pentru Alleanza Cattolica)

Religia și politica sunt sfere distincte, dar nu separate, pentru că omul religios și cetățeanul sunt contopiți în aceeași persoană.

1. Misiunea Bisericii în lume

Mântuirea înfăptuită de Cristos și, în consecință, misiunea Bisericii se adresează omului în întregime: de aceea, atunci când Biserica propune doctrina sa socială, nu numai că nu se abate de la misiunea sa, ci o îndeplinește cu fidelitate. Mai mult, evanghelizarea nu ar fi autentică dacă nu ar ține cont de relația dintre Evanghelie și comportamentul personal, atât la nivel individual, cât și la nivel social. În plus, Biserica trăiește în lume și este logic și chiar potrivit ca ea să se raporteze la lumea aceasta într-un mod armonios, respectând structura și scopul propriu diferitelor organizații umane.

Astfel, Biserica are misiunea, care este, în același timp, și un drept, de a se ocupa de problemele sociale; iar atunci când face acest lucru, „nu poate fi acuzată că și-a depășit domeniul specific de competență, cu atât mai puțin mandatul primit de la Domnul” [1]. (mai mult…)

Muzica lui George Enescu face parte din patrimoniul imaterial al umanității. El a compus, a cântat la vioară sau la pian, a dirijat și a răspândit dragostea prin și pentru muzică deschizându-și inima oamenirii întregi. Publicul său nu a fost doar cel din Paris, Viena, Iași, București sau Dorohoi, ci a fost și este alcătuit din toți cei care au șansa să-i asculte muzica. Și-a început periplul descoperindu-și talentul pe meleagurile moldave, însă și l-a meșteșugit și l-a consacrat în Occidentul european, adică acolo unde condițiile erau mult mai prielnice pentru arta muzicală. Tot Occidentul a fost șansa lui pentru a căpăta anvergură mondială și pentru a promova România în lume.

Însă, Enescu nu și-a uitat sau ascuns vreodată rădăcinile sale de român, de moldovean din nordul țării, de la Liveni, Cracalia și Mihăileni. După cum mărturisea, „n-am părăsit dealurile, văile și pădurile Moldovei. (mai mult…)

Am impresia adesea că hotarele lumii memoriei noastre ating, cu zonele lor cele mai misterioase și îndepărtate, acolo unde instinctele își au poate izvoarele, acolo unde toate tind a se confunda, limitele altor lumi, ale altor memorii, prin care pătrund în noi stranii și neașteptate ființe, niciodată întâlnite în realitate, idei sau sentimente stabilite în firea noastră chiar dintr-un început, ca și anumite obligațiuni pe care le acceptăm fără împotrivire, ca îndeplinirea unor (mai mult…)

Il conteggio dei voti si è quasi concluso in Romania (19865 su 19870 seggi elettorali) e la grande vincitrice delle elezioni per il Parlamento europeo è una lista contro intuitiva per chi segue e si interessa della storia politica: secondo i risultati parziali, al primo posto con 48,56% delle preferenze troviamo la lista composta dai social-democratici e dai nazional-liberali.

I romeni sono stati chiamati alle urne il 9 giugno per eleggere 33 eurodeputati ed anche per votare alle elezioni amministrative. Con riferimento soltanto alle elezioni europee, fino a giovedì sera, quando mancava ancora la convalida per 15 seggi elettorali, si sono presentati al voto il 52,41% dei18.978.908 cittadini aventi diritto.

La strana coalizione fra i due partiti “storici” e nello stesso tempo i due partiti che hanno governato di più dal 1989 ad oggi, trova insieme il Partito Social-Democratico ed il Partito Nazionale Liberale. Pur non essendo la prima volta in cui si sono alleati, questa convivenza politica non è per niente naturale, non solo dal punto di vista dottrinale, ma anche perché, in Romania, chi di solito vota per uno di questi due partiti disdegna l’altro e viceversa, ognuno dei due partiti avendo il suo elettorato fedele. L’alleanza ha funzionato pure a livello locale, per le amministrative, in modo sporadico laddove il loro peso politico quasi monopolistico era stato minacciato da un terzo partito. Seconde alcune dichirazioni, l’intento dell’alleanza sarebbe di offrire stabilità e continuità governativa al paese, vista l’importanza e vicinanza strategica al fronte ucraino; secondo questa prospettiva, ci si può aspettare la continuazione dell’alleanza anche in vista delle prossime elezioni presidenziali che saranno in questo stesso anno, nell’eventualità di un ballottaggio fra il candidato social-democratico oppure nazional-liberale ed un candidato favorevole all’espansionismo della Russia in Ucraina.

In realtà, il dibatito politico per il Parlamento europeo è stato quasi inesistente, i partiti essendosi concentrati sulle elezioni amministrative. In questo modo, la seconda lista più votata è quella guidata dal partito l’Alleanza per l’Unità dei Romeni con il 14,93% dei voti. Si tratta di un sodalizio fortemente euroscettico e abbastanza pro-Putin. Si può notare che questa lista, insieme ad un altro partito euroscettico e pro-Putin, il partito S.O.S Romania, entrato al limite nel Parlamento europeo, hanno il maggior numero di voti dei romeni della diaspora europea.

La terza lista è stata quella dell’Alleanza per la Destra Unita, pure questa abbastanza innaturale visto che si sono alleati due partiti di destra (Forza della Destra ed il Partito Movimento Popolare) ed un partito con una forte impronta progressista, cioe l’Unione Salvate la Romania. Quest’ultimo, da diversi anni, sta provando a guadagnarsi l’immagine di un partito di destra, per il momento riuscendo ad allontanare gli elementi piu radicali di sinistra, senza compensare però con qualcosa di serio l’errore delle origini. Comunque, fra i tre partiti della lista, l’ultimo ha il più forte peso politico.

L’unico partito conservatore romeno e l’unico affiliato al Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR), l’Alternativa Destra, ha preso pochi voti, lo 0,45%.

Alla fine, ecco le percentuali parziali per chi ha superato la soglia elettorale:

  1. Lista del Partito Social-Democractico + Partito Nazionale Liberale: 48,56% – 19 seggi;
  2. Lista dell’Alleanza per l’Unità dei Romeni: 14,93% – 6 seggi;
  3. Lista dell’Alleanza per la Destra Unita: 8,70% – 3 seggi;
  4. Unione Democratica Magiara di Romania: 6,48% – 2 seggi;
  5. Partito S.O.S Romania: 5,03% – 2 seggi;
  6. Candidato indipendente (Nicu Ștefănuță): 3,08%

Remus Tanasă, 15 iunie 2024, pentru Alleanza Cattolica

Întotdeauna mi-au displăcut oportuniștii, mai ales cei care fac surf pe idei doar pentru a le terfeli. Vegetație spontană pe naiba, buruieni!

Cei care compromit ideea de națiune sunt mai stăruitori căci atât dreapta cât și stânga marșează cu națiunea de peste două secole. Apropo, pășuniștii și ceilalți naționaliști narodnici știu că ideea de națiune este una eminamente modernă, lansată pe scena lumii de înaintașii stângiștilor contemporani, adică de iacobini? Hayek a scris destul de elocvent despre asta.

Și cei care întinează liberalismul sunt stăruitori, măcar de vreo sută de ani încoace mai orice devălmaș caută să călărească intimitatea și căminul în numele liberalismului. Apropo, tefeliștii știu că în străfundul „vino-ncoaului” libertar pe care îl afișează stă o mare doză de colectivism? Recenta traducere a lui I. Berlin despre romantism ar cam trebui să-i pună pe gânduri.

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